Audrey Hepburn: 20 gennaio 1993
Era il 20 gennaio 1993, quando si spense la luce di una delle donne più brillanti ed influenti della storia delle dive hollywoodiane.
Edda van Heemstra Hepburn-Ruston, nome all’anagrafe dell’anglo-olandese Audrey Hepburn, morì in quell’infelice giorno d’inverno per via di un cancro al colon.
Una morte avvenuta in pace, letteralmente, dato che venne a mancare ammirando i paesaggi dell’amata Svizzera, nella sua dimora chiamata “La Paisible” (luogo di pace): qui aveva trovato sé stessa e la serenità, dopo una vita trascorsa tra la guerra e la fame sofferta durante l’infanzia e le delusioni amorose ricevute da donna.
Tralasciando la vita privata, ciò che si ricorda oggi giorno della Hepburn è il sorriso genuino di un’icona, non soltanto di stile ed eleganza ma di femminilità, accesa da quella forza alimentata da gentilezza, dalla bontà di cuore che i suoi “occhi da cerbiatta” facevano passare in ogni interpretazione cinematografica e nelle sue azioni umanitarie, delineando un nuovo tipo di bellezza, rivoluzionaria, non solo frutto dell’estetica, ma dei gesti e delle parole.
Oltre ad essersi guadagnata la fama di splendida attrice grazie a celebri pellicole quali Vacanze Romane (1953), Sabrina (1954), Colazione da Tiffany (1961), My Fair Lady (1964), Audrey era ambasciatrice all’Unicef e spese cinque anni della sua vita recandosi personalmente nei paesi poveri per sfamare chi ne aveva bisogno. Anche in queste missioni tanto faticose ciò che portava alto e si prefiggeva di trasmettere era il senso del dovere e l’importanza della raffinatezza, spirito che potremmo trovare riassunto in una frase detta dalla Principessa Anna (personaggio che le fece vincere l’Oscar nel 1953) all’ amico Gregory Peck: “Quello di cui il mondo ha bisogno è che si torni alla dolcezza e al senso morale“.
Audrey Hepburn è stata anche una madre, forte e determinata: i suoi figli, ancora in vita, scrivono e parlano di tutto l’amore che provava e aveva da dare, di tutti i sacrifici che ha fatto per loro, per la positività che dava d’esempio attraverso l’arte e l’attivismo. Audrey ha insegnato a chi ha amato lei e il suo stile a essere coraggiosi armandosi di semplicità, credendo nell’impossibile: “Nothing is impossible, the word itself says ‘I’m possible‘” (niente è impossibile, la parola stessa dice “sono possibile”) diceva. È riuscita a donarci la chiave per conquistare i sogni: l’eleganza, di animo e di stile, quella stessa che le permetteva di indossare un semplice lenzuolo come abito ed essere splendida.
Sitografia (consultata il 16.1.2020)
https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1993/01/21/morta-audrey-hepburn.html
https://biografieonline.it/biografia-audrey-hepburn
https://audreyhepburn868.wordpress.com/morte/
https://www.vanityfair.it/people/mondo/15/08/10/10-cose-segrete-di-mia-madre-audrey-hepburn