Architettura Razionalista: Adalberto Libera e Villa Malaparte a Capri

L’architettura razionalista 

Durante gli anni del Fascismo convissero in Italia diverse correnti artistiche, tra cui l’architettura razionalista che, a livello europeo, trovava grande diffusione dal 1920 al 1940. I massimi esponenti di questa corrente furono Walter Gropius, fondatore del Bauhaus, Mies van der Rohe e Le Corbusier, secondo i quali l’opera architettonica doveva essere funzionale e razionale.
In Italia, il Razionalismo convergeva, con il futurismo, nell’intento di modernizzare l’architettura italiana. Le prime tendenze razionaliste si erano mostrate con il “Gruppo 7”, operante a Milano negli anni 1926/27, i cui componenti erano Giuseppe Terragni, Luigi Figini, Gino Pollini, Guido Frette, Sebastiano Larco, Carlo Enrico Rava, Ubaldo Castagnoli a cui, nel 1927, subentrerà Adalberto Libera su invito di Figini e Pollini. All’estero la rivoluzione industriale aveva creato nuovi miti e nuove esigenze ma il nostro paese era ancorato ad uno stile di vita ottocentesco e classico. I giovani cominciavano a respirare un’aria nuova, del resto erano passati solo dieci anni dal terremoto futurista, e a fare da sfondo c’era l’avvento del Fascismo con i suoi proclami: “Italia nuova, Architettura nuova”. Nel 1927, con l’ingresso di Libera nel Movimento, il “Gruppo 7” si propone di far diventare l’architettura razionale architettura di regime, simbolo ed immagine della nuova Italia fascista. Bisognava creare un movimento razionale ed unito.

Nascevano però le prime divisioni tra il gruppo milanese e quello romano: il primo era irrigidito nell’adesione al razionalismo nordico ed era sorretto da una civiltà industriale avanzata e dalla consapevolezza di essere stato l’iniziatore del razionalismo italiano, mentre il secondo, più vicino al centro del potere, voleva un movimento che accogliesse al suo interno tutte le forze. Nel marzo del 1928, si apre a Roma la I Esposizione dell’Architettura Razionale, sotto il patrocinio del segretario generale del sindacato Calza-Bini ma l’evento non suscita particolare scalpore. Intanto continua il processo di unificazione del Movimento, con sezioni nelle città italiane più grandi, ogni regione doveva avere un segretario regionale e tutti dovevano essere collegati fra loro da un segretario generale.
Il 28 luglio 1930, nasce il MIAR, e Libera, che è segretario generale, firma il regolamento. Al MIAR aderirono molti dei maggiori architetti italiani del tempo, in rappresentanza di tutte le regioni italiane e tutti proponevano le idee base della contemporanea architettura europea: semplificazione, essenzialità delle strutture, analisi logica delle funzioni, estrema razionalità. Il movimento partecipava all’esposizione Internazionale di Budapest con una parete di foto di opere realizzate, era invitato a partecipare al III Congresso di Bruxelles del 1930 e prendeva sempre più corpo il progetto di una seconda esposizione che, però, sarà preceduta da un clima sempre più rovente, in aperta polemica con tradizionalisti.

In seguito a ciò il sindacato degli Architetti ritira l’appoggio alla mostra e al Movimento e richiamava il MIAR all’ordine. Alcuni architetti si allontanano, mentre altri passano al RAMI (Raggruppamento Architetti Moderni Italiani). Il MIAR si sciolse nel 1931 a causa di dissidi interni, delle divisioni e dei rancori, anche se la scomparsa ufficiale è datata al 1934. Da questo momento in poi i razionalisti si ritireranno lavorando nel privato, la loro opera continuò per strade diverse. Giuseppe Terragni realizzerà nel 1932 la Casa del Fascio a Como e Adalberto Libera riceverà l’incarico per la Casa del Balilla di Porto Civitanova nel 1933, oggi sede della Biblioteca Comunale (foto 1).

 

Lo scopo dei razionalisti era quello di migliorare la società e la vita delle persone attraverso un’architettura più moderna e funzionale sfruttando gli spazi messi a disposizione dal regime. Nel dopoguerra le teorie razionaliste mantennero la loro grande influenza, anche dopo la sconfitta politica del fascismo che l’aveva sostenuto ma non influenzato.

Adalberto Libera

Adalberto Libera (foto 2) nasce a Villa Lagarina (Trento) il 16 luglio 1903.  Nel 1926 si iscrive alla Scuola superiore di Architettura di Roma, dove si laurea nel 1928. Nel 1926, ancora studente, è invitato a far parte del “Gruppo 7” di Milano e vi è ammesso nel 1927; per questo gruppo organizza a Roma “la I Esposizione Italiana di Architettura Razionale” al Palazzo delle Esposizioni in via Nazionale. Nel 1930 Libera assume il ruolo di Segretario Generale del M.I.A.R. e l’anno successivo organizza a Roma, alla Galleria di Pietro Maria Bardi in via Veneto, la “II Esposizione Italiana di Architettura Razionale”.

Negli anni prima della guerra, Libera sposa Stefania Boscaro, sua collaboratrice; durante il conflitto, invece, si ritira in provincia di Trento dove si dedica allo studio delle tipologie abitative. Attorno agli anni 60 realizza diversi progetti, tra cui la sede della DC all’EUR e il Villaggio Olimpico. Lavora come insegnante a Firenze fino al 1962, anno in cui si trasferisce a Roma. Nel 1963 muore, in piena attività, sia come progettista che come insegnante.

Villa Malaparte

V’era a Capri, nella parte più selvaggia, più solitaria, più drammatica, in quella parte tutta volta a mezzogiorno e ad oriente, dove l’Isola da umana diventa feroce, dove la natura si esprime con una forza incomparabile, e crudele, un promontorio di straordinaria purezza di linee, avventato in mare come un artiglio di roccia. Nessun luogo, in Italia, ha tale ampiezza d’orizzonte, tale profondità di sentimento. È un luogo, certo, solo adatto per uomini forti, per liberi spiriti” (Curzio Malaparte)

Libera, nel 1938, realizza la villa di Curzio Malaparte a Capri (foto 3).
Esempio di uno dei capolavori dell’architettura moderna, vista dall’alto la villa è un parallelepipedo color rosso pompeiano che emerge dalla roccia aspra di Punta Massullo. Alla realizzazione della villa contribuirà lo stesso Curzio Malaparte, scrittore, intellettuale, giornalista e poeta, che mise mano ai progetti, entrando in contrasto con Libera.

Malaparte arrivò sull’isola nel 1936, per far visita al medico svedese Axel Munthe, proprietario di Villa San Michele, e durante il suo soggiorno rimase incantato dalla bellezza selvaggia di Capo Masullo. Acquistò il terreno per dodicimila lire dal pescatore caprese Antonio Vuotto e si mise in contatto con l’amico Galeazzo Ciano per ottenere la licenza edilizia necessaria. Per la creazione del progetto, invece, scelse Adalberto Libera, ma la collaborazione tra i due fu molto conflittuale, avevano visioni diverse: Libera presentò un disegno che si allineava con la tipica architettura in stile caprese mentre l’intellettuale immaginava un altro tipo di dimora, qualcosa che lasciasse il segno. La casa, icona dell’architettura razionalista italiana, è caratterizzata da forme minimaliste ed essenzialità negli arredi sia interni sia esterni, che esprimono il profondo senso religioso di cui era pervaso lo scrittore. Come si può notare ad un primo sguardo, la scala non è un semplice elemento di distribuzione ma permette di trasformare il terrazzo in una stanza a cielo aperto, in cui l’unico ornamento è rappresentato dal ricciolo bianco, che ha il duplice scopo di sostenere, camuffandola, la canna fumaria e di proteggere gli ospiti della casa da sguardi indiscreti. Per la realizzazione degli interni è stato fondamentale il contributo di Alberto Savinio, autore dei disegni delle maioliche colorate e delle grandi cornici in legno che inquadrano il paesaggio esterno (foto 4-5).

In punto di morte Curzio Malaparte dona la sua villa alla Repubblica Popolare Cinese per farne una casa per gli artisti cinesi residenti in Italia. Oggi Casa Malaparte è gestita della Fondazione Ronchi ed è chiusa al pubblico ma può essere raggiunta (ed osservata da lontano!) attraverso una passeggiata turistica che costeggia la zona dei Faraglioni.

Villa Malaparte è un luogo così suggestivo che, al suo interno, il regista Jean-Luc Godard vi girò la seconda parte del suo film Il Disprezzo del 1963 (Le Mépris), che ebbe come protagonisti Brigitte Bardot e Michel Piccoli (foto 6-7).

Note:

[1] La città di Civitanova Marche, nel 2015-2017 all’interno di un progetto intitolato “Vedo a colori-Street art al porto”, ha dedicato un murales all’architetto.

Bibliografia:

  • Bascioni Brattini G., a cura di, La Biblioteca comunale “S. Zavatti” di Civitanova Marche e l’edificio di Adalberto Libera, CM Arti Grafiche, 2001.

Sitografia:

Elenco immagini:

  • Foto 1. Civitanova Marche (MC), Casa del Balilla;
  • Foto 2. Adalberto Libera;
  • Foto 3. Capri, Villa Malaparte, foto dell’autore, luglio 2020;
  • Foto 4-5. Capri, Villa Malaparte, interni;
  • Foto 6-7. Brigitte Bardot e Michel Piccoli nel film “Il Disprezzo” di J.-L. Godard (1963)