Le Altane di Venezia

Le altane veneziane sono un elemento minore dell’edilizia veneziana ed hanno da sempre attirato l’attenzione di turisti e passanti.

Queste singolari strutture, chiamate anche “belvedere”, permettono di osservare Venezia dall’alto dal momento che sono una sorta di terrazza realizzata quasi interamente in legno e sorretta da pilastri alla quale si accede tramite l’abbaino.

Il termine “altana” deriva da altus, “alto” e dal punto di vista architettonico è una piattaforma o una loggetta che si trova nella parte più elevata dell’edificio e a differenza di terrazze e balconi non sporge rispetto al corpo principale. In campo militare, invece, aveva la funzione di osservatorio ed era un rialzo a mo’ di torretta che ospitava la sentinella.

La Storia

La storia e lo sviluppo di questa particolare struttura architettonica è da ricercarsi nello strettissimo rapporto che da sempre è intercorso tra il mondo orientale e Venezia e nella forte influenza che il primo ha esercitato sulla seconda.

La loro origine è molto antica: nella sua Vita dei veneziani nel 1300 (1886), Bartolomeo Cecchetti, l’allora direttore dell’Archivio di Stato di Venezia, afferma che le altane vengono menzionate per la prima volta in un testo scritto nel 1224, quando venivano costruite “davanti le case” o “somiglianti ai liagò[1]”. Sappiamo anche che un tale Matteo Barbani da San Polo ne costruisce una sul rio: “Gita motiglioni (modigliani o pioli) III (tre) per far altana supra rivo”.

Le altane più antiche risalgono al XII secolo ed erano quasi sempre realizzate in legno, più raramente in pietra e solo successivamente anche in ferro. Il tipo di legno utilizzato è sempre stato il larice perché è un legno leggero e resistente alla salsedine, che insieme a pioggia e vento, è una delle principali cause di deterioramento di questi corpi esterni. Tra XII e XIII secolo verrà stabilito un modello urbanistico dell’edilizia veneziana, ma sarà dal XIV secolo che le altane verranno costruite sui tetti delle case veneziane seguendo questo regolamento.

I documenti di quest’epoca parlano di altane e liagò intendendoli come sinonimi anche se i liagò erano strutture precedenti.

Il passaggio da liagò ad altana è documentato dallo storico Giovanni Battista Galliccioli (1733-1806): “erano i liagò propriamente le Altanelle, cioè logge o veroncelli di legnami attaccati alle pareti delle case, senza tetto e senza finestre, ad uso principalmente di prendere il fresco, asciugare etc… oggidì ancora se ne vedono alcune ma, dopo edificate tutte le case di pietra, vi surrogano le Vedete o Altane sopra i tetti, e le terrazze o Veroni”.

Dal XIII secolo, la Repubblica Veneziana istituì la magistratura dei “giudici del piovego”, che avevano il compito di vigilare sull’utilizzo degli spazi aerei ed esterni per impedire che qualcuno potesse “occupar aria” in maniera abusiva; Mureri e Marangoni, specializzati nella costruzione di nuove altane per privati, dovevano rispettare i proclami della magistratura. All’Archivio di Stato sono presenti, ancora oggi, molti documenti che sono testimonianza delle licenze rilasciate dai “giudici del piovego” ma anche le sanzioni e le pene previste per chi non rispettava la legge.

In ogni caso, erano luoghi esterni in cui poter prendere il sole lontano da sguardi indiscreti o dove, semplicemente, prendere una boccata d’aria per sfuggire al caldo o stendere i panni. Le altane avevano anche scopo di difesa della città, perché servivano come punto di avvistamento di navi ma permisero anche di difendere Venezia da attacchi nemici durante la Prima Guerra Mondiale.

Si narra che durante il periodo della Serenissima, le donne veneziane durante le giornate particolarmente soleggiate, si rifugiassero sulle altane, per sedersi al sole indossando le solane, degli ampi cappelli senza cupola da cui uscivano i capelli che in questo modo diventavano biondi; o per ottenere il famoso “rosso veneziano” grazie a un trattamento che utilizzava degli infusi preparati dalle donne stesse.

Le altane più famose sono quelle veneziane, ma esistono anche in altre regioni d’Italia. La possiamo trovare già nella casa del Rinascimento ma acquista valore di caratteristico elemento architettonico nei palazzi barocchi dell’Italia centrale e specialmente a Roma, dove si presenta sottoforma di loggiato.

Nell’Italia settentrionale ci sono alcuni esempi di altane già nel XV e XVI secolo come quella della casa Grisi di Milano, ora demolita, in cui 8 colonnine a candelabro sostenevano un’impalcatura di legno.

Dalla fine del XVII secolo in poi, nel Lazio e in Toscana, era invece diffuso il loggiato continuo chiuso all’ultimo piano degli edifici, come a Roma nella casa del Burcardo e nel palazzetto Simonetti, e a Firenze nel palazzo Guadagni. Sempre in quest’epoca, l’altana si è diffusa in questa forma di torretta elevata come vediamo, nei bellissimi esempi di Palazzo Niccolini (ora Ferraioli) o nei palazzi Chini, Bonaparte e Altemps a Roma.

Nella Sicilia orientale del 1700 nei monasteri delle suore di clausura, le altane avevano la forma di loggette che permettevano alle monache di assistere alle processioni religiose rimanendo protette dalla vista del pubblico.

A Venezia le altane sono sempre state molto amate dai veneziani, usate anche soltanto per prendere una boccata d’aria, sono centinaia anche se non tutte visibili dalle calli e sono diffuse sia nei palazzi d’epoca, che nelle abitazioni di minor pregio artistico, trasformate in deliziosi angoli di quiete e tranquillità.

Nascono con l’intento di aumentare lo spazio abitativo delle case che, data la particolare struttura della città, devono fare i conti con spazi piccoli e stretti dando in questo modo la possibilità di sfruttare il tetto. Probabilmente sono nate come zona di compensazione per la mancanza di giardini, la cui realizzazione è resa difficile dalla struttura della città offrendo anche uno spazio soleggiato e arieggiato. Oggi le possiamo ammirare sull’alto delle case della città lagunare, a volte decorate da piante e fiori.

Oggi l’altana è il luogo perfetto in cui bere un prosecco in compagnia, chiacchierare al chiaro di luna, vedere i fuochi d’artificio la notte del Redentore o durante la regata storica, mangiando una fetta di anguria fresca. Sono diventate una forma di complemento e arredo urbano.

La Fortuna Critica

Le altane hanno avuto successo anche nell’arte, infatti sono state rappresentate da diversi artisti come Vittore Carpaccio nel Miracolo della reliquia della croce al ponte di Rialto (o Guarigione dell’ossesso) e Gentile Bellini nella Processione in Piazza San Marco, entrambi alle Gallerie dell’Accademia di Venezia.

Il dipinto di Vittore Carpaccio viene realizzato tra 1494 e il 1495 per la Scuola Grande di San Giovanni. Narra l’episodio della guarigione di un indemoniato, avvenuta nel 1494, da parte del patriarca di Grado Francesco Querini con l’imposizione del Reliquiario della Vera Croce. La scena viene ambientata sotto la loggia del palazzo del prelato, vicino al ponte di Rialto ancora in legno mentre l’esorcismo vero e proprio è decentrato in alto a sinistra. La parte centrale del telero[2], invece, ospita una veduta urbana nella quale si possono riconoscere i luoghi simbolo di Venezia, come il Canal Grande, ma anche elementi architettonici minori come, appunto, le altane che vengono rappresentate sopra i tetti delle case.

Nel secondo dipinto, Processione in Piazza San Marco di Gentile Bellini del 1496, vediamo la rappresentazione della processione del 25 aprile 1444 in piazza San Marco in occasione della festa della Santa Croce. Durante questo evento avvenne il miracolo della guarigione del figlio del mercante bresciano Jacopo de’ Salis il quale, mentre la reliquia passava portata a spalla di confratelli della Scuola Grande di San Giovanni, aveva pregato per un miracolo. Anche qui, grazie alla grande accuratezza di particolari del Bellini, possiamo scorgere edifici come la Basilica di San Marco sullo sfondo e Palazzo Ducale e un pezzo del Campanile di San Marco sulla destra. Quest’opera, considerata tra le primissime opere di vedutismo veneziano, ci consente di osservare come sui tetti delle case siano presenti le altane.

Anche il teatro celebra questa struttura. Un autore veneziano per eccellenza come Carlo Goldoni esalta l’importanza delle altane, in particolar modo nella Putta onorata, tramite le parole di Bettina, ci dà qualche informazione sulla tranquillità di cui si poteva godere in questa oasi di pace: “Oh! Caro sto sol! Co lo godo! Sia benedetta st’altana! Almanco se respira un poco. Mi, che no so de quele che vaga fora de casa, se no gh’avessi sto liogo, morirave del malinconia!” (Carlo Goldoni, La putta onorata, scena V, 1748).

La fortuna critica delle altane continua ancora oggi, come ci dimostra il libro Le altane di Venezia di Giorgiana Bacchin ed Elisabetta Pasqualin che ripercorre l’evoluzione delle altane in ogni loro aspetto, dal Trecento fino ai giorni nostri, sottolineando la particolarità di questa struttura. Il libro è inoltre corredato dalla legge vigente per la costruzione o ricostruzione di questo elemento architettonico unico.

Note

[1] Il vocabolario del dialetto veneziano di Giuseppe Boeri riporta il termine liagò derivandolo dal greco heliacon o hiliacon che significa solatìo: luogo esposto al sole.

[2] Deriva dalla parola teler che significa telaio. È un tipo di pittura che utilizzava tele di vaste proporzioni applicate direttamente ad una parete e dipinte con colori ad olio ed è tipico dell’arte veneziana. Si diffuse nella città lagunare a partire dal XIV secolo, in chiese e locali delle confraternite.

BIBLIOGRAFIA:

  • Gustavo Giovannoni (a cura di), Altana, in Enciclopedia Italiana, Treccani, 1929;
  • I Classici dell’Arte, Carpaccio, Rizzoli, Skira, L.E.G.O. S.p.a., Vicenza, gennaio 2012

SITOGRAFIA (ultima consultazione luglio 2019):