Robert Rogers e la guerra franco-indiana
L’Appendice nordamericana della guerra dei sette anni vista attraverso il diario di Robert Rogers
Con quest’articolo vorrei provare a raccontarvi alcuni aspetti della guerra franco-indiana attraverso una prospettiva inconsueta. Attraverso l’analisi di alcuni passi del diario Robert Rogers, figlio di immigrati scoto-irlandesi dell’Ulsterstabilitisi nel Massachusetts nei primi decenni del XVIII secolo che servì con il grado di maggiore all’interno dell’esercito inglese durante l’appendice nordamericana della Guerra dei sette anni (1756-63), cercherò quindi di mettere il lato quotidiano della guerra e, in particolare, delle azioni di guerriglia condotti da questo personaggio e dai suoi rangers a danno del nemico francese.
La Guerra franco-indiana: un’introduzione
Prima di affrontare in modo esaustivo l’esame degli elementi interessanti del diario di Rogers, è necessario fornire un breve quadro introduttivo che illustri entro quali dinamiche storiche venne redatto il suddetto documento.
Immagine 1. Il Nord America allo scoppio della guerra franco-indiana
A partire dagli ultimi decenni del Seicento, l’espansione coloniale in Nord America di Francia e Gran Bretagna aveva generato un costante stato di tensione tra queste due potenze, che nella prima metà del XVIII secolo (in concomitanza con le principali guerre di successione in atto in quel momento storico) sfociò in aperti conflitti militari per il controllo delle principali aree strategiche per il commercio di pellicce con l’interno del continente.
Con il Trattato di Utrecht (1713), che pose fine alla Guerra di successione spagnola, la Francia di Luigi XIV si era vista costretta a cedere al rivale inglese l’Acadia, l’isola di Terranova e a rinunciare alle sue pretese sui territori dellaCompagnia della Baia di Hudson. Non solo, la Gran Bretagna con il suddetto trattato si vide riconosciuta dalla controparte francese la possibilità di commerciare senza alcun ostacolo con i nativi nordamericani della regione deiGrandi Laghi.
Nei decenni a seguire la penetrazione di coloni inglesi nella valle dell’Ohio ‒ un territorio che i francesi consideravano proprio in virtù del fatto che era stato esplorato nel 1669 da René Robert.
Cavelier de La Salle ‒ contribuì ad accrescere lo stato di attrito tra le due potenze europee. In una prima fase la Franciatentò di mantenere il controllo su quest’area, che rappresentava un importante snodo per il commercio delle pellicce tra la regione dei grandi laghi e i possedimenti francesi del Canada e della Louisiana, attraverso la costruzione di una serie di forti lungo i principali assi di comunicazione. Di fronte alla sempre più preponderante presenza anglofona, tuttavia, nel 1754 i francesi supportati dalle popolazioni di nativi a loro legate da profondi e antichi rapporti commerciali iniziarono a svolgere una costante azione di guerriglia a danno degli insediamenti inglesi.
L’anno successivo giunsero perciò dalla Gran Bretagna truppe dell’esercito regolare con lo scopo di procedere alla conquista di Fort Duquesne, la principale installazione militare francese nella valle dell’Ohio. Questo contingente, tuttavia, fu completamente decimato in un’imboscata tesa dai franco-indiani.
Fino al 1756 gli scontri armati furono di ampiezza limitata, solo quando la guerra tra Gran Bretagna e Francia fu ufficialmente dichiarata con lo scoppio in Europa della Guerra dei sette anni (1756-63), le operazioni militari in Nord America assunsero un rilievo operativo maggiormente significativo. Nelle stesso anno, infatti, arrivò in America il generale Louis-Joseph de Montcalm, a prendere il controllo delle truppe francesi con nuovi rinforzi. Questo permise ai francesi di prendere l’iniziativa tanto che venne assediato e conquistato Fort Oswégo, e unica base inglese sul lagoOntario, che ostacolava la comunicazione tra Fort Niagara e Montréal. L’anno successivo il teatro delle operazioni si spostò sul lago George, dove sorgeva Fort William Henry che fu anch’esso assediato e conquistato.
Immagine 2. Le operazioni militari della guerra franco-indiana
Sull’onda emotiva delle sconfitte in terra americana, il ministero della guerra inglese fu affidato a William Pitt il Vecchio. Con l’avvento di quest’ultimo le operazioni militari in terra americana subirono un netto rovesciamento. Dalle sconfitte degli anni precedenti si passò, infatti, a una lenta ma costante ripresa a favore della Gran Bretagna. Questo perché Pitt, convinto che l’Inghilterra dovesse dirigere i propri sforzi primariamente nella costruzione di un impero d’oltremare, evitò di impegnare eccessivamente la Gran Bretagna nel teatro europeo della Guerra dei sette anni, concentrandosi sulle campagne coloniali e il dominio dei mari.
Questo nuovo indirizzo strategico e politico fece sì che a partire dal 1758 le sorti del conflitto tra Gran Bretagna e Franciain America iniziassero lentamente a ribaltarsi a favore della prima.
Gli inglesi passarono all’offensiva attaccando Fort Carillon, che nonostante i ripetuti assalti, resistette mentre venne espugnato Fort Duquesne e distrutto Fort Frontenac. Nello stesso anno fu conquistato il porto di Louisburg, in Acadia, importante base navale francese, che bloccava l’accesso via mare a Quebec.
Nel 1759 le offensive inglesi non si arrestarono. Venne conquistato Fort Niagara ‒ che determinò la relativa perdita da parte francese dell’asse di comunicazione tra il Canada e la Louisiana ‒ come anche Fort Carillon e Fort Saint Frédéric, abbandonati dai francesi per poter difendere le città di Montreal e Quebec dalla minaccia britannica. Al termine dell’estate, dopo un lungo assedio, proprio quest’ultima si arrese agli inglesi. Durante l’inverno, i francesi tentarono di riconquistarla prima che in primavera potessero arrivare via nave i rinforzi inglesi, bloccati a causa del San Lorenzo ghiacciato, ma fallirono e questa fu la loro ultima offensiva. L’anno successivo, infatti, si arrese anche Montreal.
Con il 1761 la guerra franco-inglese nello scenario americano poteva dirsi conclusa. La Pace di Parigi del 1763 pose fine al conflitto e segnò il passaggio di tutto il territorio della Nuova Francia in mano inglese e quindi la sostanziale espulsione dei francesi dal Nord America.
La guerra franco-indiana vista attraverso il diario di Robert Rogers
A causa dei limiti imposti al suddetto lavoro, si è scelto di limitare l’analisi al solo anno 1756 e non al diario completo, che abbraccia un periodo di tempo più lungo che va dal 1755al 1761.(1)
La decisione di limitarsi al suddetto anno scaturisce dal fatto che esso costituì il primo punto di svolta della guerra in Nord America tra Gran Bretagna e Francia. Come si è visto pocanzi, infatti, il conflitto cominciò a prendere una nuova fisionomia, che si sarebbe chiarita completamente l’anno successivo: non più una guerra tra colonie anglo-americane e franco-canadesi, combattuto in massima parte da truppe provinciali ma una guerra imperiale tra due potenze europee, combattuta sì nelle colonie ma con metodi tradizionali e truppe regolari, in cui l’apporto locale sarebbe stato sempre più limitato a compiti di esplorazione, raccolta d’informazioni e guerriglia.
In servizio con il grado di capitano tra i ranghi della milizia del New Hampshire al momento dell’avvio delle ostilità nel 1754, Robert Rogers incominciò a distinguersi all’interno dello scenario bellico a partire dalla tarda estate del 1755.
Immagine 3. Robert Rogers in un’illustrazione d’epoca
A seguito della defezione degli esploratori mohawk infatti, gli venne affidato l’incarico di sostituire con la sua compagnia ‒ composta da uomini nati e cresciuti lungo la frontiera ‒ i nativi nella raccolta di informazioni circa la forza e i movimenti del nemico. Nello svolgimento di tali mansioni non rare furono le occasioni di compiere vittoriosi raid in territorio canadese, che contribuirono a costruire la sua fama di soldato perfettamente in grado di tenere testa alle ben più blasonate squadre franco-indiane di guerriglieri.
Dalla lettura del diario si evince che fin dai primi giorni del 1756, Rogers e i suoi uomini furono impegnati in una serie di ricognizioni nella zona del Lago George e Lago Champlain, con lo scopo di raccogliere informazioni circa l’andamento dei lavori di costruzione di Fort Saint-Frédéric, non disdegnando al contempo di compiere alcune imboscate alle truppe francesi nell’area.
Queste azioni gli valsero l’attenzione delle autorità coloniali e degli alti comandi anglo-americani, tanto che alla fine di marzo gli venne affidato il compito di formare un’altra compagnia composta da coloni abituati alla vita lungo la frontiera, e quindi a viaggiare e a cacciare. Alla metà di aprile i nuovi ranger erano pronti ad entrare in servizio e furono subito impiegati in diverse missioni di esplorazione e disturbo nell’area dei Forti Saint-Frédéric e Carillon.
Tra la fine di giugno e la metà di luglio Rogers e cinquanta dei suoi uomini furono impegnati in un’azione di ricognizione presso il Lago Champlain. Lì poterono osservare come nei forti francesi ferveva una grande agitazione (era il preludio all’attacco alla postazione inglese sul Lago Ontario: Fort Oswégo) e come il movimento via fiume di contingenti fosse consistente. Fatti alcuni prigionieri per fornire maggior rilievo alla sua testimonianza, ritornarono quindi immediatamente in territorio anglo-americano per riferire quanto osservato. Al termine di quest’ultima spedizione Rogers chiese e ottenne il permesso di arruolare una terza compagnia di ranger, ma le successive spedizioni non furono altrettanto fortunate. Le pesanti offensive francesi di quell’estate unite alla scarsa incisività di queste ultime contribuirono a far crescere negli alti quadri dell’esercito l’insoddisfazione nei confronti delle unità di ranger guidate da Rogers. Solo in autunno inoltrato, alcune proficue spedizioni di esplorazione, compiute sempre nella zona dei forti Saint Saint-Frédéric e Carillon, gli diedero modo di ribadire il ruolo cruciale delle sue unità grazie alla buona impressione che diedero di sé agli ufficiali dell’esercito regolare che li accompagnarono in tali missioni.
Immagine 4. Moderna raffigurazione di Robert Rogers
Questo fatto permise ai ranger di rimanere attivi e continuare a svolgere un ruolo di primo piano nel corso dell’inverno 1756-57 (ma poi anche nel corso dei restanti anni di guerra), mentre le truppe regolari si trovavano nei loro quartieri invernali in attesa della stagione propizia per riprendere le operazioni.(1)
I Diari del maggiore Robert Rogers furono pubblicati per la prima volta a Londra nel 1765 per conto dell’autore da J. Millan, libraio presso Whitehall.
Il testo, essendo scritto utilizzando un tempo verbale passato, è sicuramente frutto di una rielaborazione postuma di appunti e carte redatte tra ‹‹foreste, picchi e monti, nella fretta, la confusione e il clamore della guerra, e nell’abbattimento, naturale conseguenza di fatiche spossanti››(2).
Data la grande popolarità acquisita da Roberts sia nelle colonie inglesi del Nord America sia in Gran Bretagna durante la guerra, come egli stesso afferma nell’introduzione a tale opera, il diario è pubblicato soprattutto con lo scopo di trarne un vantaggio economico personale dalla vendita.
Tenendo presente queste due considerazioni generali, l’opera può tuttavia essere considerata una fonte sicuramente certa e attendibile per affrontare uno studio delle dinamiche della guerra “quotidiana” nelle aree di contatto tra inglesi e francesi ‒ la catena montuosa degli Appalachi-Allegheny e la Valle dell’Ohio ‒ durante la Guerra dei sette anni. Una quotidianità della guerra che era fatta di scaramucce, scontri fra pattuglie, azioni di guerriglia e missioni di esplorazione in territorio nemico, e che costituisce il sostrato dei grandi eventi bellici.
Tra i compiti che Roberts con i suoi ranger era tenuto a compiere, ed egli lo afferma apertamente nel diario, c’era il ‹‹fare il possibile per tormentare i francesi e i loro alleati indiani, saccheggiando, incendiando e distruggendo le loro case, i granai, le baracche, le canoe, i bateaux, ecc., e uccidendo qualsiasi genere di bestiame, e tentare di attirare in trappola, attaccare e distruggere i convogli di rifornimento, sia di terra che di acqua, dovunque gli fosse possibile scovarli››(4). E all’interno dell’estratto letto, sono diverse le azioni che sottostanno a questa logica; particolarmente significativa è quella che Rogers e i suoi uomini tentano di attuare nell’estate del 1756: penetrare in territorio canadese e incendiare il maggior numero possibile di campi di grano, che in quel momento erano pronti per la mietitura.
Tra i compiti dei ranger rientrava poi la cattura di prigionieri, possibilmente soldati o uomini legati in qualche modo all’ambiente militare francese. In questo modo, i dirigenti dell’esercito inglese in Nord America cercavano di ottenere informazioni precise circa le intenzioni del nemico. Data la scarsità di mezzi a loro disposizione, era molto difficile, infatti, per entrambi gli schieramenti, controllare capillarmente tutta la linea di confine in un territorio così vasto e reso impervio dalla presenza di fitte foreste. (5)
Vitale per i generali di entrambe le parti in guerra, era poi determinare la consistenza numerica delle guarnigioni dei vari forti disseminati nei punti strategici lungo il confine, della dotazione di artiglieria ivi presenti e del buono, o meno, approvvigionamento di materiale bellico e scorte alimentari. Questo (almeno per la parte inglese, da quanto traspare dal diario di Rogers) per prevenire e contrastare efficacemente eventuali offensive francesi (cosa che, come si è visto in precedenza, per il 1756 non accadde) e per dirigere le proprie nei punti meno controllati. (6)
Elemento interessante, legato a quest’operazione d’intelligence, che emerge dalla lettura del testo è il fatto che dall’interrogatorio di un prigioniero francese si riesce a venire a sapere che poco prima in Canada erano giunte dalla Francia truppe regolari a rinforzare il contingente già lì presente, e che una epidemia di vaiolo aveva colpito numerose colonie francesi nell’inverno precedente, portando una gran rovina. (7)
Sempre dal diario emerge poi che una parte dei rangers era utilizzata anche per scortare e dare protezione ai convogli di rifornimenti inglesi e agli acquartieramenti dell’esercito dalle analoghe formazioni franco-indiane. (8)
Immagine 5. Moderna raffigurazione di un Rogers’ Ranger
La collaborazione bellica tra europei e nativi, soprattutto in ambiti come quelli di esplorazione e guerriglia, è un altro tema che compare con una certa sistematicità nel documento analizzato e che colpisce soprattutto per il numero elevato di nativi coinvolti direttamente nel conflitto. (9) In particolare alle stesse compagnie di Rogers vengono aggregati durante l’estate del 1756 diversi elementi nativi appartenenti al gruppo etnico degli Stockbridge, precedentemente inquadrati in altri reparti dell’esercito inglese, di cui però lo stesso comandante dei ranger si lamenta per il loro “barbaro” costume di prendere lo scalpo ai nemici. (10)
Ultimo elemento interessante estraibile dal documento è legato al carattere difficile della vita di un ranger. Prima di tutto per il fatto di dover operare in un contesto inospitale come le foreste del Nord America, ai margini delle zone civilizzate. Emblematico in questo senso può essere l’episodio riportato da Rogers nel suo diario di un ranger della sua compagnia che durante una missione si perde e torna solo molto giorni dopo il loro rientro alla base operativa, stanco e affamato. E inoltre per tutti i pericoli legati alla situazione e al contesto bellico. Tutti gli spostamenti dovevano avvenire nella massima discrezione per evitare di essere scoperti dal nemico. Nel testo esaminato, per esempio, si trova scritto che un giorno Rogers e i suoi uomini decisero di non attraversare un lago di notte perche la luna piena gli avrebbe resi pericolosamente visibili (11). Spostamenti che d’inverno erano resi notevolmente più difficili a causa dell’abbondanza di neve dovuta alla natura rigida del clima nord americano, mentre nei periodi primaverili ed estivi potevano essere usate le vie d’acque naturali. Anche se in quest’ultimo caso si poteva rendere necessario il trasporto a spalla delle canoe utilizzate, se non si individuava un nascondiglio soddisfacente o si prevedeva di doverle utilizzare nel proseguo della marcia in uno specchio d’acqua diverso da quello di provenienza. (12)
Note:
1. Non sarà riportato il testo integrale né dell’estratto scelto, né del diario completo. Per entrambi si faccia riferimento a CODIGNOLA L., Guerra e guerriglia nell’America coloniale. Robert Rogers e la guerra dei sette anni (1754-1760), Marsilio editori, Venezia, 1977
2. Ibid., pp. 42-51 e pp. 125-138
3. Ibid., p. 119
4. Ibid., p.127
5. Ibid., p.129 e p.132
6. Ibid., p. 137
7. Ibid., p. 132
8. Ibid., p.135
9. Ibid., p. 126 e p. 128
10. Ibid., p. 132
11. Ibid., p. 130
12. Ibid., p. 130 e p. 136
Bibliografia
· CODIGNOLA L., Guerra e guerriglia nell’America coloniale. Robert Rogers e la guerra dei sette anni (1754-1760), Marsilio editori, Venezia, 1977.
· FUSSEL M., La guerra dei sette anni, Il Mulina, Bologna, 2013
· VERDOGLIA F., La guerra franco-indiana 1754-1763: storia militare degli eserciti assolutistici, come combattevano, organizzazione, insegne, tattiche di guerra ed armi, Chillemi, Roma, 2010
Fonti Immagini
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